Smart working e sicurezza, quali insidie nasconde il lavoro da casa?

Durante il lock down il numero degli attacchi informatici è aumentato notevolmente, manca un’adeguata cultura della sicurezza.

Secondo recenti studi durante il lock down il numero degli attacchi informatici è aumentato notevolmente, tuttavia manca ancora un’adeguata cultura della sicurezza da parte di aziende e lavoratori.


Nel bene o nel male la pandemia da covid19 ha segnato l’inizio di un nuovo modo di lavorare: lo smart working. Il fatto che alcuni dipendenti lavorassero da casa anche in passato non è certo una novità, tuttavia il fenomeno si è diffuso definitivamente quando il governo ha costretto tutti i cittadini a casa. Lo smart working è una soluzione che offre diversi vantaggi ai lavoratori, come quello di poter gestire il lavoro in autonomia e di ridurre drasticamente gli spostamenti, che sono una delle principali fonti di stress per i lavoratori. Per certi aspetti, lavorare da casa migliora la qualità della vita delle persone, tuttavia nasconde anche diverse insidie.


Quali? Gli attacchi informatici ad esempio.

Negli ultimi anni i crimini informatici sono aumentati in modo esponenziale in tutto il mondo. Non da meno, nel corso del lock down, i cyber attacchi hanno continuato a crescere e a mietere nuove vittime. Ovviamente, con le persone incollate per molte ore a pc, tablet e smartphone, per gli hacker la pandemia è stata una vera e propria manna dal cielo. Tra le tante vittime, non sono mancati di certo gli smart worker. I criminali informatici vanno a caccia di dati personali e sensibili (come password, codici e informazioni riservate) e dove acquisirli se non tra le mail che i dipendenti aprono quotidianamente. Secondo IBM Security, tra marzo e aprile spam e phishing a tema covid19 sono aumentati del 14.000%. Basta una semplice disattenzione e quelle informazioni vengono carpite dagli hacker e rivendute a terzi o nel dark web. Tuttavia, sempre secondo IBM Security, quasi 8 aziende su 10 non applica in modo consistente piani di crisi cyber.



Il primo problema da risolvere è la mancata consapevolezza del rischio da parte dei lavoratori.

In molte occasioni è stato affermato che l’anello debole nella lotta al crimine informatico sono le persone. Questo perché nella maggior parte delle aziende manca un’adeguata consapevolezza dei rischi provenienti dal web, oltre a una figura specializzata in cyber security. Prima di investire in tecnologia, è importante formare ed educare il personale aziendale sulle tematiche inerenti alla sicurezza informatica. In quest’ottica, è necessario avvalersi di un servizio di formazione serio e professionale. Netica propone percorsi formativi collettivi ed individuali, di alto livello e personalizzati secondo le esigenze dell’azienda e dei lavoratori. Durante le lezioni, i docenti utilizzano simulazioni che si rifanno alle più usuali modalità di attacco, come il phishing, per comprendere il comportamento degli studenti e correggerlo. Inoltre, Netica mette a disposizione dei lavoratori degli strumenti pratici per monitorare e migliorare l’approccio al web, al fine di valutarne i progressi sulle base delle conoscenze acquisite. A volte, piccole accortezze, come cambiare frequentemente le password o fare aggiornamenti e backup, possono bastare per evitare danni ingenti.




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